Territorialità ed Internet: alcune riflessioni
di Luca-M de Grazia

VARIE

TERRITORIALITÀ E INTERNET

In questo breve articolo esaminerò brevemente uno degli aspetti spesso più sottovalutati del commercio attraverso le rete Internet, quello dei confini territoriali.

Tutti sappiamo che una delle caratteristiche fondamentali di Internet è, appunto, la "delocalizzazione", la possibilità teorica di poter svolgere una qualsiasi attività a prescindere dalla più o meno favorevole collocazione fisica e/o geografica.

Quello che però non viene spesso preso in considerazione è il fatto che molti rapporti contrattuali esistenti hanno come loro concetto operativo fondamentale il territorio.

Mi riferisco, solo per fare un esempio, ai contratti di distribuzione esclusiva, ai concessionari di qualsiasi marchio, ai venditori di autovetture,agli agenti, nonché a tutti quei contratti che in qualche modo facciano riferimento al territorio, come i patti di non concorrenza dei dipendenti.

In effetti tutte le fattispecie sopra elencate sono letteralmente mandate in crisi da Internet, e ci si trova nella necessità di regolare - quanto meno a livello contrattuale - tali nuove fattispecie.

In prima analisi si può affermare che i rapporti in qualche modo assimilabili al contratto di agenzia trovano nelle regole esistenti così come delineate dalla giurisprudenza una buona base di partenza; infatti l'eventuale acquisizione di un cliente a parte di un agente al di fuori del territorio di propria competenza fa scattare il diritto a percepire una parte delle provvigioni per il soggetto al quale sia stato "sottratto" in qualche modo il cliente.

Ovviamente lo stesso parametro si applica nel caso in cui sia il "preponente", ovvero il soggetto giuridico che abbia creato la rete di agenti,ad ingerirsi nella zona di esclusiva dell'agente stesso.

Altra conseguenza è data dal fatto che il reiterarsi di tali comportamenti abilita il soggetto leso alla rescissione del contratto con il preponente, anche nel caso in cui il comportamento lesivo sia posto in essere NON direttamente da parte del preponente, ma da un altro agente.

Infatti in questo caso il preponente che tolleri tale tipo di comportamento da parte di un agente in realtà viola - oltre che eventuali clausole contrattuali specifiche - anche il generale principio di correttezza e buona fede al quale si deve sempre uniformare il comportamento contrattuale dei soggetti contraenti.

Evidentemente nulla viene innovato rispetto alla situazione sopra descritta qualora tali comportamenti vengano posti in essere attraverso un sito web.

Infatti qualsiasi tipo di attività venga svolta attraverso tale sito si pone automaticamente in contrasto con la situazione giuridica esistente, non essendo certo possibile sostenere una eventuale collocazione territoriale ben definita per il sito in questione.

Questo accade anche perché il riferimento territoriale è effettuato alla zona di interesse e competenza dell'agente; questi infatti non può svolgere attività al di fuori della propria zona di competenza, mentre - naturalmente - potrà vendere a soggetti residenti in zone esterne alla propria area di competenza qualora tali soggetti si rechino spontaneamente presso l'agente stesso.

Tale presupposto taglia quindi immediatamente fuori ogni possibilità di usare per esempio la posta elettronica e vendere qualcosa attraverso il sito, utilizzando lo stesso come un semplice catalogo assimilabile ad una vendita per corrispondenza.

La situazione è invece sicuramente più problematica qualora si consideri la posizione di un "concessionario", ovvero la posizione di quei soggetti che costituiscano la rete di vendita, il canale di distribuzione di un determinato soggetto giuridico. naturalmente lo stesso discorso può porsi per tutti i rapporti di "franchising", come per esempio quelli del noto marchio "colorato" della moda italiana.

Ritengo che l'esempio più idoneo a spiegare quanto sto per dire possa essere il concessionario di autovetture.

Chiarisco subito che vi è una sostanziale differenza tra l'agente ed il concessionario; infatti l'agente vende in nome e per conto del preponente, mentre al contrario il concessionario vende beni del preponente acquistati in proprio. Infatti se ho problemi con la mia autovettura non posso certo rivolgermi direttamente al produttore, ma devo chiamare in causa chi mi ha venduto il bene; se il difetto sarà ascrivibile alla produzione, il venditore potrà essere sollevato dalle proprie responsabilità ed uscire indenne dalla vicenda, ma si tratterà di un rapporto in realtà estraneo al consumatore / utente finale.

A questo punto occorrerà vedere quali possano essere i comportamenti "a rischio" che possano essere posti in essere da un concessionario nei confronti della "casa madre" ovvero degli altri concessionari, così come quelli eventualmente posti in essere direttamente dalla "casa madre" nei confronti dei concessionari, sia come singoli sia come categoria.

Se partiamo dal primo tipo di comportamento occorrerà in primo luogo distinguere un comportamento semplicemente propositivo, assimilabile ad una semplice campagna pubblicitaria su giornali e/o media a carattere nazionale (e quindi, evidentemente, ultra locale) da un comportamento fortemente propositivo, come potrebbe essere quello relativo alla vendita diretta di beni in zone NON di propria competenza.

Il secondo aspetto mi sembra che non ponga problemi particolari, in quanto mi pare abbastanza chiaro che un comportamento simile possa ledere direttamente gli interessi e le posizioni degli altri concessionari nonché quello della "casa madre" e quindi, conseguentemente, non sia lecito se non nell'ambito di un rapporto contrattuale chiaro e definito.

E' insomma vietato salvo patto scritto contrario; ciò naturalmente anche qualora sia il preponente ad attuare questo tipo di comportamento.

E' infatti abbastanza ovvio come saltando la catena di distribuzione si possano abbassare notevolmente i costi e pertanto un tale tipo di comportamento costituirebbe oltre che un illecito contrattuale anche un comportamento sanzionabile come concorrenza sleale.

Dei problemi giuridici non facilmente risolvibili si pongono invece per la prima delle due ipotesi prospettate, ovvero nel caso in cui l'attività si limiti ad una proposizione, quasi una sorta di pubblicità effettuata attraverso un canale interattivo, ma pur sempre e fondamentalmente una pubblicità.

personalmente ritengo che anche tale comportamento non possa essere considerato come passivo, e quindi possa essere sanzionato come illecito contrattuale e/o atto di concorrenza sleale.

Infatti a parte il rilievo direi quasi scontato che invitare qualcuno ad usufruire dei miei beni e/o servizi su un territorio potenzialmente illimitato ben difficilmente possa essere considerato come un atteggiamento passivo, necessitando di un comportamento fortemente positivo, ritengo che qualsiasi ingerenza nella sfera di esplicazione dell'attività del potenziale concorrente possa costituire atto di concorrenza sleale.

La giurisprudenza ha infatti chiarito come soltanto i comportamenti meramente passivi non possano essere sanzionati come illegittimi, mentre qualsiasi altro comportamento è potenzialmente idoneo a costituire il presupposto per un illecito contrattuale ovvero extracontrattuale.

Da ultimo occorre fare un cenno alla normativa comunitaria, che sicuramente pone maggiormente l'accento sulla libertà di concorrenza, ma che in linea di massima di limita a vietare (ovviamente con le dovute eccezioni) le intese atte a limitare lo sviluppo di un determinato settore.

Esistono infatti da tempo dei regolamenti comunitari (atti normativi della Comunità che sono direttamente "legge" per i soggetti giuridici degli Stati Membri) che regolamentano il principio di libertà di concorrenza in vari campi.

Va però chiarito che tali norme comunitarie in genere tendono a rendere illegittime le pratiche limitative della concorrenza tra aziende che svolgano attività simili, e quindi in linea di massima non si applicano nell'ambito di rapporti di tipo piramidale, laddove esista un vertice che distribuisca servizi e/o prodotti ad altre aziende legate alla prima da una sorta di rapporto di sudditanza.

Tali regolamenti sono, tra gli altri:

• accordi di distribuzione esclusiva (reg. n. 1983/83 della Commissione)

• accordi di acquisto esclusivo (reg. n. 1984/83 della Commissione)

• accordi di licenze di brevetto (reg. n. 2349/84 della Commissione sostituito, nel 1996, dal reg. 240/96)

• accordi di distribuzione selettiva per autoveicoli (reg. n. 1475/95 della Commissione)

• accordi di specializzazione (reg. n. 417/85 della Commissione)

• accordi di ricerca e sviluppo (reg. n. 418/85 della Commissione)

• accordi di franchising (reg. n. 4087/88 della Commissione)

• accordi di licenze di know-how (reg. n. 566/89 della Commissione; sostituito, nel 1996, dal reg. 240/96)

• accordi fra vettori riguardanti l'esercizio di servizi regolari di trasporto marittimo (artt. 3, 4 e 5 del reg. n. 4056/86 del Consiglio)

• accordi fra utenti e conferenze riguardanti l'utilizzazione di servizi di trasporto marittimo di linea (artt. 4 e 6 del reg. n. 4056/ 86 del Consiglio)

• accordi riguardanti, sui servizi aerei di linea, la programmazione in comune ed il coordinamento delle capacità, la spartizione degli introiti, le consultazioni tariffarie e l'assegnazione di bande del tariffe orarie negli aeroporti (reg. n. 84/91 della Commissione)

• accordi relativi a sistemi telematici di prenotazione per i servizi di trasporto aereo (reg. n. 83/91 della Commissione)

• accordi aventi per oggetto i servizi di assistenza a terra (reg. n. 82/91 della Commissione)

• accordi nel settore delle assicurazioni (reg. n. 3932/92 della Commissione)

• accordi per il trasferimento di tecnologie (reg. n. 240/96 della Commissione, del 31 gennaio 1996, in GUCE, L 31 del 9 febbraio 1996, entrato in vigore il 31 aprile 1996)

La prossima volta - eventualmente - esamineremo nel dettaglio tali regolamenti.

Luca-M de Grazia

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