Tanto tuonò che piovve.....
di Luca-M de Grazia

VARIE
pubblicato su CWW - 14/04/00

Mai come questa volta il titolo potrebbe essere adatto a chiarire quello che è successo per i c.d. "domain names" su Internet.

Dopo le polemiche suscitate negli ultimi tempi da varie azioni di "cybersquatting", ovvero di accaparramento domini, effettuate da vari soggetti, anche a seguito della liberalizzazione della possibilità di trasferimento dei nomi a dominio nelle regole dettate dalla R.A. italiana (www.nic.it), il Governo ha deciso di varare un provvedimento che regoli in qualche maniera tale aspetto della rete.

Vediamo di esaminare nel dettaglio tale provvedimento, che - peraltro - non fa altro che precisare a livello normativo quanto già da tempo la giurisprudenza e la dottrina più attenta al fenomeno avevano statuito.

Schema di provvedimento legislativo recante "Disposizioni in materia di disciplina dell'utilizzazione di nomi per l'identificazione di domini Internet e servizi in rete".

Articolo 1.

Utilizzazione dei nomi a dominio

1. Per l'utilizzazione di nomi a dominio è vietata, a chi non è titolare o non ne può disporre col consenso scritto di quest'ultimo, l'utilizzazione di:

Si tratta di una definizione direi scontata; da vario tempo avevo espresso pubblicamente – e sicuramente ero in buona compagnia - l’opinione che un freno alle azioni non sempre corrette di accaparramento domini potesse derivare dal controllare se il soggetto richiedente "avesse titolo", come si dice in gergo legalese, per richiedere tale registrazione.

Quanto stabilito dal comma sopra indicato vuol dire che se un provider e/o maintaner richiederà la registrazione di un dominio senza avere "dietro" l’azienda ovvero il marchio collegati a tale dominio, non sarà possibile effettuare la registrazione.

Si trattava di una norma di semplice buon senso che poteva essere emanata direttamente dalla R.A. italiana, senza necessità di scomodare un disegno di legge.

a. nomi identici o simili a quelli che identificano persone fisiche, persone giuridiche o altre organizzazioni di beni o persone;

b. nomi identici o simili a marchi d'impresa o altri segni distintivi dell'impresa o di opere dell'ingegno;

c. nomi che identificano istituzioni o cariche pubbliche, enti pubblici o località geografiche;

d. nomi di genere, quando sono utilizzati per trarne profitto, tramite cessione, o per recare un danno;

e. nomi tali da creare confusione o risultare ingannevoli, anche attraverso l'utilizzazione di lingue diverse dall'italiano.

Qui semplicemente vengono posti i principi generali – peraltro desunti da quello che la giurisprudenza aveva già stabilito – per poter effettuare la richiesta di registrazione; più esattamente, vengono stabiliti i limiti dell’utilizzazione.

2. Fermo restano ogni altro effetto previsto dalle normative che tutelano i predetti nomi e segni, anche con riferimento al trattamento dei dati personali, l'utilizzazione dei nomi e dei segni distintivi di cui al comma 1 costituisce uso indebito di questi ultimi ai fini dell'ordine di cessazione dell'uso stesso e comporta il risarcimento del danno, nella misura minima di 30.000 euro. La sentenza che accerta l'illecito o quantifica il danno ordina la cancellazione del nome dall'Anagrafe di cui all'articolo 2, ove già non disposta dall'Anagrafe medesima. Gli atti dispositivi, posti in essere in contrasto, anche indirettamente, con il divieto di cui al comma 1, sono nulli di diritto.

Nel secondo comma dell’articolo 1 vengono richiamate espressamente le normative sui marchi e quella sui dati personali, e viene stabilito "per legge" che l’eventuale risarcimento non potrà essere inferiore a sessanta milioni di lire; non si tratta di una multa e/o sanzione amministrativa, come pure è stato scritto, ma di una predeterminazione del risarcimento del danno "minimo".

L’eventuale sentenza che accerti la violazione dovrà ordinare la cancellazione del nome a dominio dall’Anagrafe; inoltre qualsiasi atto dispositivo del nome a dominio – il che vuol dire che tutti i contratti relativi alle vendite, alle locazioni, agli affitti, alle licenze d’uso – connesse a nomi a dominio "illeciti", saranno radicalmente NULLI, e quindi privi di qualsiasi effetto giuridico.

Il terzo comma dell’art. 1 specifica che la normativa – ovviamente, direi – si applica ai nomi a dominio ottenuti da soggetti italiani anche presso altre Autorità che presiedano all’assegnazione dei nomi a dominio (per tutte; Internic ovvero Icann); quindi non si potrà sfuggire alla legge nemmeno se si registrano domini .COM, .NET ovvero .ORG, tanto per citare i suffissi più famosi ed utilizzati.

 

 

Articolo 2.

Anagrafe nazionale dei nomi a dominio

1. E' istituita l'Anagrafe nazionale dei nomi a dominio. Detta Anagrafe opera presso l'Istituto per le applicazioni telematiche del Consiglio nazionale delle ricerche, salve successive disposizioni sull'organizzazione dell'ente adottate in base alla normativa vigente.

2. La registrazione nell'Anagrafe nazionale dei nomi a dominio è effettuata con le modalità indicate dall'Anagrafe stessa nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1. Alla registrazione si provvede, previa dichiarazione dell'insussistenza di preclusioni ed accettazione da parte del richiedente di una procedura di conciliazione, gestita dall'Anagrafe medesima, per la risoluzione delle eventuali controversie. La registrazione si perfeziona con la comunicazione all'interessato dell'attribuzione del nome di identificazione del dominio. In sede di prima applicazione, e salvo quanto previsto dal comma 3, sono inseriti nell'anagrafe nazionale i nomi identificativi di dominio già registrati alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Ove emerga, anche in occasione della richiesta di registrazione di nome già registrato a favore di altro titolare, la non conformità della precedente registrazione alle disposizioni di cui al presente decreto, l'Anagrafe ne dispone la cancellazione ancorché antecedente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo.

4. E' comunque disposta la cancellazione del nome a dominio registrato presso l'Anagrafe di cui al comma 1, trascorsi 90 giorni dalla data della registrazione senza che ne sia seguita l'effettiva utilizzazione.

5. I ricorsi avverso il rifiuto o l'omissione di registrazione o contro gli atti dell'Anagrafe che, comunque, incidono sugli effetti della registrazione medesima rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Essi devono essere proposti davanti al tribunale amministrativo della regione ove l'Anagrafe ha sede.

Nell’art. 2 viene istituita l’Anagrafe Nazionale dei nomi, ovvero viene data una ufficialità a qualcosa che già esiste; infatti presso la R.A. italiana l’elenco dei nomi a dominio, condizione tra l’altro assolutamente indispensabile affinché tutti questi "domini" possano essere raggiunti attraverso la rete. Forse infatti è il caso di ricordare che il "nome a dominio" non è altro che la conversione "in chiaro" di una serie di numeri che vengono gestiti dal c.d. "D.N.S." (domain name service) che traduce tali numeri nei nomi a dominio stessi. Per esempio, www.degrazia.it corrisponde a 193.70.50.105.

Mi sembrano degne di nota, salvo maggiori approfondimenti, le disposizioni dei commi 3 e 4 dell’art.2: cancellazione del dominio dall’anagrafe a seguito di richiesta effettuata dal soggetto "titolare" del diritto ad utilizzare il nome a dominio; necessità di attivare il dominio entro tre mesi dall’assegnazione, disposizione questa tendente a bloccare ulteriormente eventuali attività di accaparramento.

Ma quella che io ritengo di gran lunga più importante è la norma contenuta nel 5° comma dell’articolo 2: il giudice competente a decidere avverso tali questioni sarà il T.A.R. della Toscana, probabilmente come giudice esclusivo anche in base al disposto della legge n.80/1998, che ha attribuito giurisdizione piena ai Tar in varie materie, tra i quali i pubblici servizi.

Potrebbe essere il primo passo verso un corretto inquadramento giuridico della R.A. e della N.A. italiane, le quali – pur promanando i propri poteri "tecnici" dalle organizzazioni sopranazionali che regolano il funzionamento della rete (Icann per tutte) – non possono essere trasposte in maniera così semplice nell’ambito del diritto positivo italiano.

Poiché Internet è principalmente un mezzo di comunicazione, e nel nostro paese i mezzi di comunicazione sono oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, ne dovrebbe scaturire la logica conseguenza che la materia dovrebbe essere attribuita, a mio modesto parere, all’Autorità di Garanzie per le Telecomunicazioni, vista sia l’ampiezza delle attribuzioni dell’autorità effettuate dall’art. 1 della Legge n.249/97 e posto che sia l’art. 5 del D.P.R. n.249/97 sia l’art. 3 del D.P.R. n.318/97 si parla proprio di servizio universale di telecomunicazioni, che altro non è che la rete Internet (oltre al servizio di fonia vocale tradizionale).

Vedremo di seguire gli ulteriori sviluppi…..

   

Luca-M de Grazia

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