DIRITTO DI INTERNET

ORDINANZA PER ESTESO - Marchi e concorrenza

Sarò estremamente grato a coloro i quali vorranno segnalarmi all'indirizzo e-mail segnalazioni@degrazia.it novità e/o imprecisioni.

Home del Diritto di Internet

>> Ultimo aggiornamento: 12/07/1999 <<

 

DIRITTO D’AUTORE : commento a sentenza Corte di Cassazione n. 1204/99

       

La sentenza per esteso

Una analisi della sentenza sopra specificata non può prescindere dal rispondere, seppur brevemente, ai quesiti sotto riportati:

  • Diritto d’autore: finalità (protezione dell’opera dell’ingegno)
  • videogiochi: funzionamento (possono considerarsi opera dell’ingegno? Ne hanno tutti i caratteri?)
  • i videogiochi in quale categoria tra quelle elencate dall’art. 171 ter lett. C rientrano? (def. di fonogramma, videogramma e di immagine in movimento)
  • la sentenza definisce i videogiochi "programmi per elaboratori" non escludendo l’obbligo della vidimazione SIAE per essi nonostante le immagini in movimento siano comandate da un programma. Tale assunto quali altre possibili applicazioni potrebbe avere? O meglio, quali altri programmi per elaboratori si presterebbero a rientrare nell’applicazione di detta norma?( opere multimediali? Videoclips? Videoarte?)
  • applicazioni aberranti della norma (potrebbero rientrare nella tutela anche le c.d. "gif" animate e gli ologrammi?)

Diritto d’Autore anche per i videogiochi .

La vicenda: la sentenza n. 1204/99 accoglie il ricorso proposto dal Pm presso il tribunale di Catanzaro avverso l’ordinanza con la quale il tribunale del riesame aveva annullato il sequestro probatorio di oltre 400 cd rom, ritenendo che ricorresse fattispecie di norma penale in bianco per carenza di disciplina regolamentare con riferimento all’art. 171 ter lettera c) della legge 633/41.

Nel confermare la piena operatività di tale norma la Suprema Corte afferma l’obbligo della preventiva vidimazione della SIAE anche sui supporti informatici e in particolare sui cd rom contenenti videogiochi. L’assunto, secondo la Corte, trova il suo fondamento nel dato testuale dell’art. 171 ter che, a conclusione di una breve elencazione, peraltro non tassativa, fa riferimento a tutte le immagini in movimento che, in quanto tali, devono ritenersi ricomprese nella tutela della legge.

La materia è disciplinata in Italia dagli artt. 2575- 2583 del codice civile, dalla legge speciale sul diritto d’autore del 22 aprile 1941 n. 633 e dal relativo regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369, e da numerose convenzioni internazionali, tra cui le più importanti sono la Convenzione di Berna, per la protezione delle opere letterarie e artistiche, firmata il 9 settembre 1886 e la Convenzione universale del diritto d’autore, firmata a Ginevra il 6 settembre 1952.

Spunti di riflessione: prima di tutto, quali "opere" sono tutelate dalla norma in esame?

A parere di chi scrive appare quanto mai poco chiara sia la ratio della norma, sia l'estensione delle stessa, sia, ancora di più, l'interpretazione fornita dalla Cassazione con le cennata sentenza.

Infatti, poiché non è specificatamente previsto dalla normativa, la norma citata sembra avere un'estensione assai più ampia di quella - forse - prevista dal legislatore stesso.

In effetti, la norma così formulata si applica a "qualsiasi immagine" memorizzata su "qualsiasi supporto", a prescindere dalla intrinseca possibilità di tutela dell'immagine stessa ai sensi della legge sul d.a.

Le conseguenze di tale interpretazione, che è forzata in questo senso sia dall'espressione letterale usata, sia dall'interpretazione che si può astrarre dalla sentenza citata (anche se la lettura della sentenza per esteso forse riduce un poco tale timore) possono essere facilmente comprese: sarebbero quindi ricomprese nella tutela sia le opere "intrinsecamente" non tutelabili, sia le opere che l'autore dichiari espressamente al di fuori del campo di applicazione della legge; quindi, in buona sostanza, qualsiasi e qualunque "oggetto" (per usare un termine informatico) che possa in qualche modo essere una "immagine in movimento".

A prescindere quindi dall'esame che segue su cosa debba intendersi per "immagini in movimento", occorre in questa sede ribadire che una circoscrizione dell'operatività della norma (e di quelle consimili) alle sole opere tutelate dalla legge sarebbe quanto meno auspicabile.

Cosa deve intendersi per "immagini in movimento"?

La Sentenza 1204/99 della corte di Cassazione offre numerosi spunti di riflessione per una rilettura dell’art. 171 ter L. 633/41 sul Diritto d’Autore.

La sentenza, invero, prende in considerazione dati di fatto ormai abbastanza pacifici in dottrina e in giurisprudenza (come la tutelabilità del software quale opera dell’ingegno), ma contiene anche, e questo è l’aspetto preoccupante, spunti che potrebbero facilmente portare ad applicazioni aberranti della norma.

Il problema che si pone è quello del pericolo che la infelice, o quantomeno generica, formulazione del primo comma di detta legge possa prestarsi alle più varie e ampie interpretazioni, finendo con lo svilire lo scopo della legge stessa.

L'articolo in esame afferma che :

" è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire cinquecentomila a lire sei milioni chiunque :

  • a) abusivamente duplica o riproduce a fini di lucro, con qualsiasi procedimento, opere destinate al circuito cinematografico o televisivo, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento;
  • c) vende o noleggia videocassette, musicassette o altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnati dalla Società italiana degli Autori ed Editori ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione"

Il riferimento legislativo alle sequenza di immagini in movimento posto a chiusura della elencazione, infatti, sembra rendere applicabile la disposizione in esame alle più diverse forme di espressione consentite dallo sviluppo tecnologico.

Infatti, nulla questio sul significato di fonogramma (anche se occorre rilevare che il Devoto - Oli riporta alla voce fonogramma: comunicazione scritta trasmessa per telefono) e videogramma, anche se l'espressione appare alquanto infelice.

In effetti sarebbe stata molto più semplice ed immediatamente comprensibile una frase tipo: "rappresentazione di suoni ed immagini su qualsiasi supporto immagazzinate".

Ma probabilmente sarebbe chiedere troppo al legislatore :-)

Problemi di non trascurabile entità costituisce la dizione di "immagini in movimento", sicuramente troppo generica, posta a conclusione dell’elencazione precedente sulle opere protette.

La ratio di una simile scelta legislativa si capisce facilmente dal momento per una materia sicuramente non statica, ma in continua evoluzione per le scoperte tecnologiche, l’unico sistema possibile per il legislatore del 1941 era quello di adottare una elencazione non tassativa dei generi letterari protetti; una porta aperta, quindi, in grado di ricomprendere nuove tecnologie e nuove forme di utilizzazione economiche delle opere protette.

La comprensione, tuttavia, non riesce comunque a fugare le perplessità e i dubbi dal momento che il rischio, esistente e facilmente individuabile, è quello di un ampliamento smisurato dell’ambito di tutela della norma

La stessa sentenza citata, infatti, sembra utilizzare la nozione di "immagini in movimento" per riconoscere il diritto della Siae sui videogiochi intesi come specificazione della categoria delle "immagini in movimento".

Ad una prima lettura della motivazione sembra così che questa espressione sia stata usata per far rientrare nella tutela della norma tutto quello che si può, forzando anche il dato testuale della legge, cosa inoltre manifestamente non necessaria dal momento che i videogiochi, in dottrina e in giurisprudenza sono pacificamente considerate opere cinematografiche (anche se pareri discordi certamente non mancano).

Come non intendere allora l’affermazione della Corte se non un tentativo per allargare il più possibile l’ambito di azione della SIAE? Sembra, infatti che la sentenza sia stata costruita volutamente in questo modo per creare il "precedente" in materia

Tanto ciò è vero considerando il fatto che subito dopo si afferma che altri tipi di videogiochi, che si esplicitano soltanto in immagini statiche sono espressamente escluse.

Ma il problema non dovrebbe essere quello di evitare che vengano messe in commercio opere tutelate senza il c.d. "bollino SIAE"?

A voler essere pignoli la sentenza sopra specificata assegnerebbe la tutela ai videogiochi con "immagini in movimento" e non la assegnerebbe ai videogiochi senza "immagini in movimento", dimenticando - tra l'altro - che i videogiochi sono pacificamente tutelati come "opere dell'ingegno".

In questo modo, infatti il carattere distintivo sembra proprio essere il movimento in quanto tale e non ad esempio l'originalità dell'opera o la sua novità, arrivando all’assurdo che un carattere posto a chiusura di una norma ed evidentemente meno importante, sia assunto come il principale.

Le maggiori riserve suscita proprio la scelta di utilizzare le parole "immagine in movimento" a chiusura dell’elencazione: cosa deve intendersi infatti con queste tre parole dal momento che la stessa legge non solo evita di specificarne il significato ma non dà nemmeno modo di ricavarlo agevolmente dal testo in generale.?

Detto termine, infatti, sicuramente troppo ampio, almeno al momento attuale con quello che la tecnologia permette, e inserito senza ulteriori specificazioni all’interno di una legge importante come quella sul Diritto d’Autore, può avere facilmente effetti disastrosi.

Non basta, poi, a mitigare detta preoccupazione, la considerazione che ci si debba comunque rifare ai criteri - guida della legge stessa, perché anch’essi sono formulati in modo molto generico.

Come si fa, infatti a stabilire con sufficiente certezza se un’immagine in movimento possieda i caratteri di originalità e di novità richiesti dalla legge? O meglio, esiste un limite minimo che questi caratteri devono superare per consentire all’opera di essere protetta? E poi, basta un semplice movimento dell'immagine anche se minimo, o esso deve superare una soglia minima?

Certamente il problema non si pone, per quelle immagini in movimento che rientrano nel genus delle opere cinematografiche come risultato artistico autonomo e definito, come estrinsecazione del potere di espressione del suo autore (come ad esempi i films); mentre si pone, per quelle che possono considerarsi delle semplici immagini in movimento, in cui i requisiti di novità e di originalità o non sono presenti affatto, o lo sono in misura minima.

Condizione essenziale, infatti, della tutelabilità dell’opera dell’ingegno è il suo carattere creativo, (da intendersi nel senso che l’opera stessa dovrà distinguersi da quelle che l’hanno preceduta per un quid novi apportato in modo inconfondibile dall’autore) ed originale, ma a ben vedere il difficile sta proprio nel riempire di contenuto questi due criteri molto generali.

Il problema, invero, ha cominciato a porsi in maniera estremamente pressante solo negli ultimi tempi, in stretta correlazione con quello, ormai superato della tutelabilità, come opera dell’ingegno, del software e dei programmi per elaboratori.

Infatti, a chi ha dimestichezza con problematiche del genere, non sfuggirà la stretta correlazione che esiste tra le diverse tematiche e riuscirà anche a coglierne le possibili implicazioni.

Sono, infatti, innumerevoli le immagini in movimento che vengono utilizzate dagli operatori informatici: pensiamo alle cosiddette "gif" animate, agli ologrammi, alle videoanimazioni, alla possibilità che ha un semplice operatore, anche non particolarmente esperto di mutare la grafica o il disegno di un testo "movimentandolo, trasformandoli da statici in dinamici (facendo, ad esempio, compiere loro sul video una serie di movimenti ).

Ora, l’animazione di queste immagini, tralasciando per un momento l’aspetto puramente tecnico e funzionale, avviene semplicemente perché il programma per elaboratore utilizzato è già predisposto ad effettuare tutte le variazioni previste, in base alle istruzioni contenute nel software. Non è l’operatore che nel preciso momento in cui si serve del programma le crea dal nulla, essendo esse già previste nella serie di codici matematici di cui è composto un programma.

Il punto comunque è: queste immagini che letteralmente sono "immagini in movimento" sono di per se stesse meritevoli di tutela secondo la Legge sul Diritto d’Autore? Possono essere considerate, cioè come risultato artistico autonomo del loro autore? Sono immagini che presentano i requisiti di novità e originalità richiesti dalla legge?

In Internet, ad esempio, possono essere reperite tutta una serie di immagini create direttamente dal computer: icone, immagini prodotte dalle fotocamere digitali, fotografie. Molte di queste immagini possono essere prelevate da siti che ne mettono a disposizione grossi quantitativi; queste sono di pubblico dominio e possono, quindi, essere utilizzate liberamente senza paura di essere chiamati in causa per un’eventuale violazione del diritto d’autore. Allora come determinare la linea di confine tra ciò che, in quanto immagine in movimento rientra nella tutela e ciò che invece ne rimane fuori?

Come già scritto, immagini che siano originariamente "libere" si trovano, per così dire, contro la loro volontà, ad essere tutelate dall'articolo in questione.

Da ultimo, occorre non dimenticare che sono, per esempio, "immagini in movimento registrate su supporto" anche le videoregistrazioni eseguite con telecamere per la video - sorveglianza, ed anche le figurine "animate" che spesso i bambini usano per giocare: anche queste dovranno essere ricomprese nella tutela della legge sul d.a., anche se solo dalla norma richiamata ?

Immagini in movimento e tutela del software.

Il problema è invero strettamente correlato con quello della tutela del software, anche se non si risolve completamente in esso: infatti, un conto è il programma operativo ( che consente il funzionamento di un sistema informatico), che certamente possiede il requisito della creatività, mentre altra cosa deve considerarsi il programma applicativo ( in grado di riprodurre suoni e/o immagini in movimento e che è tutelato anch'esso a parte).

La legge, però non opera una distinzione, segno forse di una conoscenza poco appropriata dell'argomento in questione anche se di importanza fondamentale, in quanto la Suprema Corte afferma, nella sentenza già citata l’esclusione dalla tutela ex art. 171 ter solo dei programmi che non producono immagini in movimento.

Invero l’affermazione della Corte si riferisce sempre ai videogiochi, e specificatamente a quelli che presentano solo immagini statiche, ma ovviamente può essere estesa anche ad altri programmi operativi.

Il D.L.G. 518, infatti, ponendo fine ad una annosa questione, ha introdotto un secondo comma alla legge sul diritto d’autore, con il quale si estende la tutela giuridica ai programmi per elaboratori dotati del carattere creativo inteso come carattere di originalità rispetto ad opere preesistenti.

Detto articolo, invero, sulla stessa scia della Lda, non dà la definizione di programma per elaboratore anche se con esso deve intendersi, secondo il significato corrente, le istruzioni , espresse in qualsiasi linguaggio, numerico, in codice, necessarie a far eseguire ad un elaboratore una funzione o un compito.

Si deve, a questo punto vedere se si deve escludere l’applicabilità del diritto d’autore a quei programmi che per la loro semplicità e immediatezza non presuppongono per la loro realizzazione un particolare impegno intellettuale, si presentano come il risultato scontato di procedure e forme rappresentative ovvie, non presentino nulla di originale e possano, quindi considerarsi intrinsecamente non tutelabili.

Il discorso, poi, dovrebbe essere strettamente correlato con il problema rappresentato dai videogiochi, perché anch’essi presentano le già citate "immagini in movimento", potendo, quindi essere una specificazione della loro categoria.

Considerazioni finali:

in tutta la materia esaminata sembra emergere soprattutto un dato, certamente preoccupante ma sicuramente non nuovo al mondo del diritto: l’estrema confusione che regna in materia, unita alla eccessiva preoccupazione di voler tutelare tutto e tutti a priori, e senza una approfondita conoscenza degli "oggetti" che si vanno a tutelare con l'emanazione di norme.

Quello che, infatti, meraviglia è la quasi totale mancanza di chiarezza delle norme; ad uno studioso del diritto estraneo al mondo dell’informatica, infatti, è molto difficile avvicinarsi alla materia e soprattutto riuscire a districarsi tra le varie norme tutte formulate in modo molto ampio.

Mancando infatti una definizione specifica e puntuale dei concetti fondamentali in materia; software, programmi per elaboratori, algoritmi, ci si deve rifare necessariamente ai concetti elaborati da altre discipline, che, evidentemente, hanno basi e presupposti diversi da quelle giuridiche.

Insomma, una più approfondita conoscenza del funzionamento "intimo" degli "oggetti" che si vanno a tutelare con l'emanazione di norme, una maggiore attenzione ai termini usati (un esempio può essere quello dato dall'art. 1 delle Legge 513/1997 sul c.d. "documento elettronico", che esordisce specificando il significato giuridico - in modo estremamente generale ma preciso - di termini "tecnici" mutuati da altre discipline) eviterebbero di scrivere sentenze così facilmente criticabili.

Dott.ssa Silvia Ottaviano - Avv. Luca-M. de Grazia